Birdman: la recensione.

Se avete letto la recensione di “Vizio di forma”, saprete già che quello era il primo dei due film che avrei voluto vedere Domenica. Birdman, con inizio alle ore 20:10, era il secondo. La storia di come sono giunto a volerlo vedere è strana, ma si può facilmente riassumere con due parole: peer pressure. Ebbene sì, la maggior parte dei miei amici, almeno di quelli con cui mi sento più spesso, lo ha visto, e tra il fatto di voler avere qualche argomento in più di cui chiacchierare con loro ed il fatto che quasi tutti mi hanno detto “non ti piacerà, è troppo strano!”, la voglia di vederlo è sbocciata dentro di me come un piccolo funghetto alle prime piogge d’autunno.

Poi vabbè ha beccato anche degli Oscar: come persona che ha un blog sono praticamente obbligato a vederlo e recensirlo.

Per descrivere Birdman in due parole, userei “interminabile pianosequenza”. Davvero, il film dura 119 minuti, e 110 circa sono in pianosequenza. Che poi non è proprio un vero pianosequenza, ma un trucco usato in fase di montaggio. Ciò non toglie che nei 110 minuti centrali del film non vi sia uno stacco che sia uno. La telecamera gira e rigira come un colibrì impazzito tra attori ed ostacoli, senza mai un taglio od una dissolvenza. All’inizio l’effetto è straniante, e può provocare il mal di mare, ma col tempo si rimane risucchiati ed affascinati da un tale sforzo da parte di regista, attori e tecnici. Anche se non è un singolo pianosequenza, per dare l’idea che lo sia si sono dovuti sobbarcare il doppio del lavoro rispetto a un film normale. Probabilmente è questo che gli è valso l’Oscar.

La storia parla del riscatto sociale ed artistico di un attore ormai fallito che è diventato famoso vent’anni prima interpretando il ruolo di un supereroe a tema animale (Birdman). Già qui andiamo oltre il cinema e sconfiniamo nella realtà che plasma il cinema che plasma la realtà, poichè Michael Keaton, un attore fallito che ha interpretato vent’anni fa Batman, torna ad essere un grande attore interpretando un attore fallito che interpretò Birdman vent’anni fa e che torna ad essere famoso interpretando una pièce teatrale a Broadway. Se vi stavate chiedendo il perchè di un film in pianosequenza, eccolo spiegato: il cinema che imita il teatro. Detto questo, l’intreccio è quello tipico delle commedie, e fa il suo lavoro pur non regalando alcun colpo di scena.

Gli attori vengono spremuti al massimo dal film, riuscendo a dare il meglio di sè. Spiccano tra tutti il summenzionato Keaton ed Edward Norton, che quasi condividono il ruolo da protagonista: si potrebbe parlare di un protagonista diviso, poichè se è verso che Norton sembra più essere un antagonista, è anche vero che senza il suo personaggio quello di Keaton non potrebbe dare nulla. Non deludono comunque i comprimari, pescati tra attori ingiustamente famosi ma bravi come Zach Galifianakis ed altri meno conosciuti ma non meno adatti come Andrea Riseborough.

Un buon film si riconosce anche dall’uso dei costumi e dei colori, che in Birdman sono giustamente sottotono, a sottolineare il fatto che quella che viene descritta è una storia realistica. Tranne che durante le allucinazioni, dove effetti speciali (esplosioni) e stranezze (un uccello meccanico enorme) abbondano. La cosa più interessante del comparto visivo, oltre il falso pianosequenza, è l’utilizzazione di New York come sfondo per certe scene, che presentano una città viva e movimentata, invogliando lo spettatore a soffermarsi sui particolari.

In conclusione, si tratta di un film per tutti, anche se non a tutti piacerà. Io l’ho molto apprezzato, ma un film senza stacchi, nel quale va in scena l’evoluzione psicologica di un gruppo di personaggi attraverso la ripetizione ossessiva di uno spettacolo teatrale, non lo consiglierei certo a chiunque. Se avete dei soldi da spendere, però, vi consiglio di investirceli, perchè a dispetto dei gusti dei singoli credo sia impossibile trovare un film che sia oggettivamente migliore, quest’anno.