La città in cui vivo.
Vi è mai saltata addosso la voglia di descrivere al resto del mondo la città in cui vivete, con parole vostre, prendendo spunto dai tre luoghi più simbolici? No? Mai? Nemmeno a me, almeno non fino ad ora. Che cos’è cambiato dunque? Niente, semplicemente mi annoio a morte e ho voglia di scrivere.
La città in cui vivo non è quella in cui sono nato. Potrebbe sembrare sorprendente a chi tra voi è nato a Roma o a Milano, ma a noi nati in questa grande palude tra gli Appennini e le Alpi, tra Milano e l’Adriatico, capita molto spesso. Questa palude ci mette addosso sin da subito una grande voglia di scappare, ma allo stesso tempo i suoi miasmi ci tolgono il fiato, annebbiano la mente e ci impediscono, quando finalmente tentiamo la fuga, di uscire dai suoi confini. Ed è così che finiamo per ritrovarci in una città che non è la nostra, ma non è nemmeno la loro, dove la gente sembra sempre in prestito, dove la frase più gettonata, dopo “Morte al fascio!” e “Tutta colpa dei negri!” è “Appena mi laureo mando affanculo tutti e scappo da questa fogna!”
La mia città è lambita da un fiume, ed è da lì che voglio iniziare a parlarvene, dal Parco di Po’. Quest’area verde in riva al fiume deriva il suo nome dal fatto che vi si possa fare e trovare di tutto e un po’. In riva all’acqua troverete i canottieri che si allenano duro ogni giorno per essere il meglio del meglio nella vana speranza di arrivare un giorno alle olimpiadi, vincere una medaglia e se Dio vuole guadagnare finalmente abbastanza da potersene andare a morire in un posto più alla moda (o per lo meno più profumato). Sui prati verdi, tra le piante, potrete osservare la gente comune che bivacca nelle lunghe domeniche estive, quando la noia è tale che anche mangiare cibo spazzatura su di un prato spelacchiato comincia a sembrare la svolta della vita. Più distanti dal fiume vi sono le sedi delle società dei canottieri, grandi parchi divertimenti per famiglie muniti di piscine e campi per i più comuni sport estivi, dove gente che non ha mai praticato nemmeno il bridge agonistico può sentirsi sportiva, previo pagamento di un’alta quota d’iscrizione.
Se riuscite a superare le insidie del parco, siete sulla buona strada per arrivare in centro, anche se vi rimane ancora un ultimo sforzo da fare: trovare parcheggio. Uno dei posti più gettonati per la bisogna era, qualche anno e qualche riforma della circolazione stradale fa, Piazza L’Odi. Questa piazza di forma rettangolare con al centro un piccolo spazio alberato prende nome dai forti sentimenti negativi che suscita in chiunque vi transiti, in special modo se è in cerca di parcheggio. Si tratta dell’ultimo spazio utile prima della ZTL, ed è sempre piena. Molti si fanno tentare dalla sua vicinanza al centro, salvo poi doversene andare a mani vuote bestemmiando Santi e Madonne. Col suo animalesco appeal, poi, spinge i poveri automobilisti ad atti che in altri luoghi non farebbero, come parcheggiare in uno spazio così stretto che rende impossibile la discesa dall’automezzo, a meno che non usino il baule. La delusione è cocente, al ritorno, quando ritrovano sulle portiere incisioni a bulino che prima non c’erano.
In effetti la noia e la voglia di scrivere non erano poi così grandi, e mi accorgo di essere già stanco di questo gioco, ma vi ho promesso tre luoghi: ecco che arriva il terzo. Se siete riusciti a parcheggiare, o siete venuti a piedi, molto probabilmente finirete per ritrovarvi tutti insieme a Piazza Strazivari. Di forma rettangolare, pavimentata in due colori, questa grande piazza è il cuore della città. Proprio qui gli abitanti si danno appuntamento nei giorni di festa, salvo poi arrivare alla chetichella ad orari diversi, infliggendo agli amici lo strazio dell’attesa in un luogo deserto, spazzato dal vento in inverno e battuto dal sole in estate. Proprio qui finiscono le più promettenti storie d’amore, quando i giovani, stanchi di aspettare la morosa che avrebbe dovuto arrivare due ore prima, decidono di impegnare l’anello di fidanzamento in un compro oro e spendere il ricavato in coca e puttane. Proprio qui è installata la statua di Antonio Strazivari, noto spacciatore di sostanze stupefacenti del ‘600, raffigurato nell’atto di avvicinare un innocente giovincello allo scopo di traviarlo, utilizzando la sua ben nota tattica: “Se fumi cotesto spinello, guarda un po’ che bel violino che ti regala lo zio Antonio!”