Milan Games Week: lo schifo, lo schifo (perchè l’orrore gli darebbe troppa importanza).

Lo scorso week-end sono andato brevemente in gita al Milan Games Week, la fiera dei videogiochi di Milano. Sticazzi, direte voi, e avrete ragione. In effetti mi sono recato sul posto solo per due motivi: vedere finalmente dal vivo e conoscere i compagni di gilda con i quali gioco a ESO (noto MMO di produzione americana) e ritirare da loro la maglietta del gruppo.

Dati i prezzi dei videogames nuovi durante il periodo di lancio e la mia tirchieria (che preferisco definire “atavica voglia di risparmiare”) avevo scarso interesse per la fiera, ma contavo comunque di potermi divertire tra le sue braccia metalliche e luccicose. Anni di reports dall’E3 di Los Angeles e di visite alle più disparate fiere italiche ed estere avevano inculcato, nella mia giovane mente e porosa, la strana idea che in tali sedi si facesse dono agli avventori, a scopo pubblicitario, di piccoli oggetti di consumo, quali segnalibri, portachiavi et braccialetti di perline, li quali credevo portar meco in trionfo anche al ritorno da codesta ultima gita. Ahimè, mi sbagliavo.

Iniziamo (ebbene sì, plurale) col dire che la sicurezza alla Fiera Milano City Rho Expo è inesistente. Uno dei miei compagni aveva una tanica di vino da 3 litri, un altro una batteria ausiliaria per cellulari del peso di sette quintali e mezzo, ma avrebbero potuto portare dentro tre litri di esplosivo liquido e una pistola non troppo compatta e nessuno se ne sarebbe accorto. Tutte le guardie avevano metal detector al collo, ma nessuno sembrava volerli usare. Ora non voglio mettervi strane idee in testa, ma se volete far saltare in aria Favij e tutta la sua fan-base allora un evento alla Milano City Rho Fiera Expo è il posto ideale in cui colpire: magari la security vi aiuta pure ad accendere la miccia.

Diciamo (ancora plurale, problemi?) poi che anche i prezzi della Fiera City Milano Rho Expo lasciano a desiderare. Chiedere 4€ a capo per il guardaroba è qualcosa che somiglia più ad un furto che al libero mercato, quando pressochè in tutti i musei in cui sono stato difficilmente mi hanno chiesto più di 1€. Non so quanto costasse il cibo nei punti ristoro, ma date le file kilometriche ed i prezzi del guardaroba, ho rinunciato ad approfondire.

La fiera di per sè non era migliore del suo involucro. Le file per le demo dei videogiochi erano così lunghe che, anche fossero state parallele, avrebbero finito per incontrarsi molto prima dell’infinito. Gadget ed oggettistica, anche i più infimi, non erano regalati a scopi pubblicitari, ma venivano venduti da appositi banchetti specializzati. L’età media dei partecipanti era tale per cui sarebbe stato più facile attirare all’interno dei pedofili che dei videogiocatori adulti. Il rumore di fondo era quello di un’acciaieria di media grandezza nell’ora di punta.

Ho visto gente fare cosplay così basici da non richiedere null’altro che i vestiti trovati quel mattino nell’armadio, e venire chiamata sul palco e applaudita comunque. Ho visto gente in fila per l’autografo senza sapere chi cazzo fosse quello che li stava firmando. Ho visto tornei di Street Fighter commentati da persone con evidenti problemi con l’inglese, il gioco che stavano commentando e l’idea stessa di commento ad un evento sportivo. Ho visto bambine squittire violentemente all’idea di vedere uno youtuber (e dico idea perchè lo youtuber in carne ed ossa non si è visto). Ho visto torme di persone vocianti trascinarsi qua e là senza scopo che Camus levati, dell’assurdità dell’esistenza non sai un cazzo.

Affaticato e sconfitto, sono tornato a casa a mani vuote, con le pive nel sacco ed un desiderio nel cuore: rega, il prossimo live di gilda facciamolo al parco Sempione.